Le pubblicità sessiste sono, purtroppo, spesso e volentieri all’ordine del giorno. Stiamo parlando di quelle pubblicità nelle quali il ruolo della donna è sminuito, ridotto ad oggetto sessuale e poco più. Pubblicità che hanno un forte impatto, non c’è dubbio, ma che hanno anche provocato tanta rabbia in moltissime ragazze e donne. E qui l’ironia non c’entra.

Fra ironie e doppi sensi offensivi

O, almeno, in alcune si può leggere un po’ di ironia, in molte altre vi è invece la donna diventare un oggetto. Annamaria Arlotta nel 2011 ha fondato un gruppo Facebook su questo argomento, capace di raggiungere oggi quota 10 mila e 200 iscritti. Scopo di questo gruppo è segnalare, da tutta Italia, le pubblicità sessiste. Alcuni esempi pratici? Premessa, immaginatevi dei grandi cartelloni pubblicitari in giro per le città o sulle riviste, con l’immagine di alcune donne. E slogan dal chiarissimo doppio senso. Come “A me piace nero!” inteso un dentifricio dal tubetto nero. Oppure “Fidati, te la do gratis… la montatura”, pubblicità di una marca di occhiali. “Fatti il capo” rivolto ad un tradizionale amaro. O ancora “A San Valentino falla venire”, slogan scelto da un negozio di informatica a Cosenza. Chiudiamo con un “Fai come lei, scegli le palle giuste”, messaggio scelto da una sala bingo siciliana, o con un “A San Valentino fatti fare un…. regalino” che compare sui cartelloni pubblicitari di un negozio.

Ma le pubblicità sessiste fanno vendere?

Insomma giochi di parole e doppi sensi chiari come il sole. Che nelle più becere conversazioni dei bar possono anche strappare un sorriso. Ma nel mondo della pubblicità hanno una reale efficacia? Sicuramente non con il pubblico femminile. Difficile che ragazze e signore si sentano invogliate di recarsi in questi posti. Anche perché questa “strategia di comunicazione” si va ad inserire in un tema più ampio, come quello del ruolo della donna. In primis nei media. Secondo il rapporto Onu sulla violenza di genere nel nostro paese, pubblicato nel 2012 da Rashida Manjoo, nel 2006 il 53% delle donne che apparivano alla tv italiana erano mute. Non parlavano né presentavano né intervenivano, erano lì solo come “bella presenza” o poco più.

Se le donne in tv non parlano

Ed il 46% di esse erano presenti in televisione con temi inerenti alla moda, alla bellezza o al sesso. Solamente il 2% appariva sull’italica tv legata a temi sociali e professionali. Con il più grande mezzo di comunicazione italiano, la tv, che relega la donna a questo ruolo, non stupisca quindi la “inventiva” delle campagne pubblicitarie. Finora in Europa solamente la Spagna ha promosso una legge contro le pubblicità sessiste. Un tema che in Italia viene combattuto dalla Iap, l’Istituto di autodisciplina pubblicitaria, l’organismo chiamato ad intervenire con provvedimenti che vanno dalla multa alla rimozione della campagna pubblicitaria.

 

Forse ti interessa anche Strategie di marketing: se Tesla vende dei lanciafiamme

 

Nella foto tratta da Lasicilia.it un esempio di questi cartelloni basati sulle pubblicità sessiste