Una campagna marketing ‘Senza peli sulla lingua‘ oserei dire!
VIVA LA VULVA è infatti l’esplicito claim della nuova operazione di marketing di Nuvenia, quella dei noti assorbenti.
Titolo provocatorio che, senza ancora sapere se è stata una scelta azzeccata, ha già fatto parlare molto di sè.
In un paese fintamente puritano come quello italiano, è stata una scelta indubbiamente sfrontata, e spesso il coraggio premia gli audaci (se in grado di evitare scivoloni mediatici). Ma vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.
«Non esiste giusto o sbagliato lì sotto, sei nata così, amati per come sei»
(dalla pubblicità del video ufficiale su YouTube)
COSA VEDIAMO
Innanzitutto la scelta grafica è vincente, mescolando immagini che ricordano la vulva sotto forma di oggetti, frutti ed altre forme che non lasciano molti dubbi a cosa assomigliano.
Uno stile grafico ‘leggero’ e scherzoso che stuzzica con delicatezza il lettore e crea una immediata connessione con l’argomento in questione.
IL TARGET
Ovviamente la campagna VIVA LA VULVA si rivolge alle donne (anche se non farebbe male agli uomini approfondire l’argomento).
La volontà è quella di celebrare la bellezza della diversità attraverso la fisionomia del proprio corpo, che innegabilmente racchiude un significato più profondo: ama e rispetta la tua unicità di donna.
Con una società che trasmette da sempre lo stereotipo della donna manichino, ‘perfetta’ e spersonalizzata, trionfa il valore dell’essere se stesse.
CE LA FARA’?
Viaggia sul filo del rasoio VIVA LA VULVA.
Da una parte informare in modo serio la donna a conoscere meglio il proprio corpo, che a quanto pare (sentendo le testimonianze del video) non è così scontato.
Dall’altra guadagnarsi una posizione di voce autorevole del settore ‘intimo’ da parte di Nuvenia, auspicando poi di far volare le vendite degli assorbenti.
Giusta o sbagliata che sia, augurandogli il meglio e non un effetto boomerang che gli si ritorti contro (ovviamente non sono mancate una pioggia di critiche sui social) è degna di merito il valore dell’iniziativa.
Certo, fa pensare che a dover generare ‘cultura della salute‘, sia necessario passare da una S.p.a.