La televisione, lo sappiamo bene ormai, è l’arma di comunicazione di massa più capillare. Non c’è niente da fare, utilizzare il vecchio tubo catodico permette di raggiungere una massa di persone incredibile. E quando il piccolo schermo è utilizzato per trasmettere cultura e per veicolare la conoscenza, allora diventa davvero “tanta roba”. Diciamocelo chiaro e tondo, fra Grandi fratelli, Isole, Ciao Darwin e tanta altra roba(ccia), arrivare in prima serata per la cultura non è affatto facile.
Il Principe libero, Alberto Angela ed oltre
Ci riesce San Alberto Angela, anche perché il buon Alberto sta diventando sempre più una icona televisiva e nazional-popolare oltre ad un ottimo divulgatore scientifico. Ed ecco perché dovremmo tutti essere contenti del successone televisivo fatto registrare poche settimane fa dal “Principe libero”. Il film biografico, trasmesso in due giornate, dedicato a Fabrizio De André ha davvero bucato il piccolo schermo. Come si dice in questi casi. Il 92% degli utenti Google hanno espresso online apprezzamenti per il film. Sui social l’hashtag #principelibero è stato per due giorni pieni fra le tendenze. E pure l’Auditel l’ha premiato. Insomma, il film è piaciuto. Ma non è su questo che vogliamo focalizzarci.
La cultura “spiegata” ai giovani
Perché che una biografia fatta bene, ben interpretata e con le canzoni originali potesse “spaccare” nei seguaci di Faber ed in chi lo ama era scontato. Più di un rigore senza portiere. Guardiamo questa cosa da un’altra prospettiva, ovvero con lo sguardo di chi non lo ha conosciuto anni fa. Di chi non lo conosceva o di chi ancora non lo apprezzava profondamente. Parliamo dei giovani e dei giovanissimi, che hanno potuto conoscere De André e la sua arte grazie proprio a questo film. Il Principe libero è stato una bomba in quanto a diffusione della cultura deandreiana. Perché ha saputo parlare ai più giovani, che quindi già non partivano con gli occhi lucidi alle prime note di “Bocca di Rosa”, con un linguaggio moderno. Permettendo loro di apprendere, di imparare e di conoscere. Un documentario stile Istituto Luce o un pippone semplicemente autobiografico non avrebbe avuto lo stesso effetto.
Pensare il linguaggio televisivo
Perché i giovani d’oggi hanno bisogno di appassionarsi, per smuovere le coscienze non servono lezioni bensì esempi. Serve toccare le emozioni per appassionare ed il modo in cui è stata raccontata la storia di Faber questo risultato l’ha raggiunto. La televisione può essere un mezzo incredibilmente efficace nel veicolare la cultura. Anche verso i giovani e giovanissimi. Ma deve trovare il linguaggio giusto per arrivare a colpirli, a emozionarli, a coinvolgerli.
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